“il mondo è bello perché
è vario”
Ogni detto, ogni proverbio, ogni frase storica racchiude
in sé una verità in chiave ironica a volte,
in chiave filosofica altre.
La diversità degli individui ci dà la possibilità
di distinguere il bene dal male, l’artefatto dalla
sincerità.
Parlando del mondo cinofilo, troviamo una serie di variazioni
nella varietà che mi sembra inopportuno non farne
menzione.
Per facilità di espressione citerò solo i
due gruppi principali:
- sportivi;
- arrivisti;
Sportivi – l’importante è
partecipare
Arrivisti – l’importante è vincere
Gli sportivi sono coloro i quali si avvicinano
al mondo delle discipline cinofile per puro amore avventuristico;
si presentano in maniera semplice e hanno come unico scopo
quello di praticare un po’ di moto insieme al fido compagno.
Gli arrivisti sono invece quei personaggi
che non essendo riusciti a gratificare il proprio ego nella
vita di tutti i giorni, cercano riparo e conforto laddove
possono celarsi dietro “l’indifeso”.
Veder lavorare uno sportivo è gratificante
per l’animo.
In ogni sua azione v’è la ricerca della sintonia
con la metà pelosa; in ogni sua domanda si scopre una
palese richiesta di sapere; in ogni risposta che riceve rovista
per trovare l’interpretazione corretta.
Veder operare un arrivista è penoso e sgradevole.
E’ sempre iracondo, contratto, aggressivo. E’
solito vomitare sul quadrupede tutta la sua grettezza. Sfrutta
ogni situazione a proprio vantaggio. Circuisce e inganna.
E’ sospettoso, ma sopratutto è un “povero
insicuro”.
Il cane dello sportivo è un esserino sorridente, rilassato
e un po’ viziato. E’ felice di lavorare con l’amico
bipede per completarsi. E’ un animale sano che ama tutto
quel che suole coinvolgerlo nella vita col suo branco.
Il cane dell’arrivista è uno stressato. Vive
l’angoscia dell’uomo che lo accompagna. Si nutre
solo di campi sportivi non per passione, ma perché
è questa l’unica via di sfogo, l’unico
momento di socialità. E’ pronto a tutto pur di
ricevere un minimo di considerazione: a lunghi digiuni, a
sedute di addestramento secolari, a sforzi fisici e psicologici
che possono portarlo a menomazioni. In barba ai problemi gastrici,
ossei, muscolari e mentali.
Il cane dello sportivo è “un membro della famiglia”.
Essa gioisce del suo benessere e si preoccupa per un malore.
Il cane dell’arrivista è “una macchina
da usare”. Finché funziona si farà il
possibile per averlo accanto, al momento che non sarà
più riparabile o non permetterà più di
affrontare le competizioni con eccellente maestria, verrà
dimenticato in un box come le vecchie auto.
Vorrei che le persone che si avvicinano al
pianeta cane, rispettassero i limiti naturali di questi animali,
che non si inventassero sotterfugi chimici, che non spremessero
come agrumi le membra dei malcapitati.
Non voglio salire in cattedra o propinare un sermone, non
voglio parlare di come si insegna un esercizio, e delle metodologie
per arrivare ad eseguire una buona sequenza. Credo che il
problema di molti (che abbiano comunque dimestichezza con
l’arte in questione), non sia insegnare al cane la condotta
al guinzaglio, le posizioni, il riporto… gli ostacoli
del percorso di Agility, o del Fly-ball… le piroette
del Free-style… o il mordere un salsicciotto. Se l’allievo
che si ha di fronte presenta le caratteristiche adatte all’apprendimento
delle discipline, la difficoltà non esiste. I problemi
cominciano ad arrivare nel momento in cui la crescita non
vuole essere limitata da null’altro che non siano i
limiti personali.
In un libro di poesie dedicate ai cani, lessi una volta: “il
cane è l’unico amore sincero che il denaro può
comprare”.
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