Rinforzo dell’evitamento
‘’Rinforzo dell’evitamento dell’evento
fobogeno con comunicazione ansiogena, legato all’anticipazione
emozionale dei proprietari, legata a diverse rappresentazioni
mentali rispetto al Cane’’
Una frase buttata là, apparsa come il fulmine a
ciel sereno.
Leggo e rileggo per dare una giusta interpretazione al
significato delle parole.
Provo a spostare le virgole per vedere se la frase cambia
il suo senso oppure rimane un enigma/indovinello pari
a quello delle piramidi.
Dopo prove, prove e riprove, cercando di assimilare ogni
singola definizione arrivo al punto di rottura e allora,
chiudo il quaderno dove sto prendendo appunti e vado a
farmi un caffè.
Mentre la moka prepara il suo infuso, cerco su internet
parole chiave che possano indicarmi un sentierino che
mi porti almeno su una viuzza secondaria dalla quale arrivare
poi sulla via maestra.
Inutile dire che digitando l’intera frase sui motori
di ricerca, anche l’impalpabile etere si rifiuta
di collaborare, però qualche indirizzo me lo lascia
inviandomi accenni di: fobie, posizioni fobiche, evitamento
fobogeno, ansie, stati ansiogeni, disturbo dell’essere,
abusi, anomalie comportamentali con indirizzo compulsivo
… psichiatria pura insomma!
Non mi resta che analizzare le singole questioni e cercare
di assemblarle.
Per prima cosa accetto (terminologia a parte) questa versione
della frase:
- Il Cane mostra ansietà in circostanze che sono
diventate per lui fobiche. Per evitare questo stato d’ansietà,
abbisogna di un qualcosa, riconosciuto come rinforzo dell’evitamento,
dovuto/legato ad uno stato emozionale anticipato dai proprietari,
i quali hanno differenti visioni mentali rispetto a quelle
del Cane.
E cioè:
- I proprietari avendo differente visione delle raffigurazioni
mentali di un Cane, ossia sono capaci di un discernimento
logico e adeguato, trasmettono uno stato emozionale che
funge da rinforzo per evitare di affrontare o di vivere
un evento fobico che crea nel Cane un’espressività
ansiosa.
E quindi:
- Con l’aiuto dei proprietari, il Cane può
uscire da uno stato deficitario.
Normale dedurre che i proprietari debbano essere all’altezza
della situazione e non esserne la causa, e in più,
che l‘analisi della causa sia identificata in giusta
maniera.
Cominciamo con il dare corpo alle definizioni.
Rinforzo: tutto ciò che in maniera positiva
o negativa conferma l’esattezza o l’erroneità
di un’azione, e sprona a ripeterla o meno a seconda
se questa è giusta o sbagliata.
Evitamento: tutto ciò che porta a sottrarsi
ad una realtà che si rifiuta.
Evento fobogeno: situazione che crea uno stato
emotivo allarmante.
Comunicazione ansiogena: esternazione di uno
stato d’angoscia sospeso fra desiderio e apprensione
(frustrazione)
Anticipazione emozionale: avvisaglia pulsionale
(segnale spinto da impulsività passionale)
Evitamento dell’evento fobogeno –
in Psicoanalisi, rientra nel quadro delle Nevrosi, ed
è la trasposizione di un timore irrazionale, verso
qualcosa o qualcuno; spesso è associato a sensazione
di ripugnanza e totale avversione. L’identificazione
di tale comportamento conflittuale porta ad una realtà
fobogena pur non essendo presente lo stimolo che genera
la fobia.
Mi spiego meglio: ho un problema che mi disturba a tal
punto, che la mia mente trasfigura la realtà del
problema, identificandolo in un disagio che vivo assistendo
dall’esterno, oppure, lo associo ad un’altra
persona, la quale, in questo modo vive al mio posto, il
mio problema; ossia, se io provo avversione per una situazione
o un oggetto o un Animale, fingendo di non vedere o di
non essere presente (ignorare), la situazione, l’oggetto,
l’Animale non mi creeranno problemi; se trasferirò
i miei disagi su un’altra persona, sarà l’altra
persona a provarli in quella stessa situazione, verso
quell’oggetto o quell’Animale, ed io non sarò
altro che uno spettatore che assiste alla scena e comprende
compassionevolmente o in maniera adirata o sconcertata
quel tipo di spiacevole sensazione, ma non sarà
mia.
In questo modo, pur essendo platealmente presente la causa
scatenante, ma non realmente presente visto che io l’ho
identificata in un altro essere che vive in mia vece quel
tipo di disagio, l’attenzione sull’evento
fobogeno sarà distratta; ciò sarà
per me sufficiente per rivivere solo un ricordo che, nella
mia realtà, non mi appartiene più, e sarà
vivo solo perché quella persona è lì
davanti me o nel pensiero del momento. Eliminata dalla
vista la persona, il problema non esisterà più
perché non è più mio.
Il voler evitare un evento fobogeno può portarmi
anche a: trasporre sempre il problema che ho, su un’altra
persona, ma in più, se avessi un problema con una
persona in particolare, potrei trasporlo su di essa, e
a quel punto sarei anche giustificato, qualora non riuscissi
nell’intento di trasferire in toto il problema su
lei, a mantenerlo vivo in me, perché non sarebbe
altro che una risposta legittima al problema che lei mostra
nei miei confronti.
Esempio: se io provo sentimenti negativi e avversione
verso una particolare persona, trasferendo in lei il mio
conflitto, non sarò più io a vivere quei
dissapori, ma lei; sarà lei a provarli nei miei
confronti; se fosse odio la mia negatività, non
sarei io odiare lei ma lei ad odiare me. A questo punto
se io provassi ancora odio per lei, il mio sentimento
sarebbe giustificato, in quanto sarebbe una risposta ad
un sentimento avverso che la tal persona prova nei miei
confronti.
Si identifica spesso questa seconda forma di squilibrio
nelle sindromi infantili: complesso di Edipo e complesso
di Elettra.
Analizzando la prima parte della frase, possiamo adesso
dire che:
per non vivere il disagio della situazione fobica, dobbiamo
ignorare/evitare l’evento.
Bene!
Come fa un Cane a evitare l’evento se non è
in grado di fare tutto il ragionamento appena spiegato,
che io c’ho messo esattamente 8 ore di orologio
per concepirlo nel modo in cui l’ho scritto?!
Senza dimenticare poi, che il disagio nella fase iniziale,
cioè quando ancora non è stato fatto il
lavoro di concetto di evitazione, non viene mostrato in
maniera elementarmente stressante, ma con atteggiamenti
ansiogeni … un Cane?! … (consiglio ancora
una volta di leggere ‘’ansia o stress’’
e ‘’la frustrazione’’).
Procediamo con l’analisi.
Anticipazione emozionale – Uno stato emotivo
che segnala una situazione disagevole.
La situazione disagevole diviene causa di anticipazione
emozionale allorquando l’elemento scatenante diventa
fobico.
La fobia è una paura esagerata che si manifesta
al momento dell’evento o di qualcosa che ricorda
l’evento negativo.
Si usa classificare la fobia in : fobia semplice quando
è direttamente indirizzata su un qualcosa di facilmente
individuabile, solitamente è riferita ad un elemento
singolo; fobia generalizzata quando è indirizzata
verso più elementi, difficili da individuare poiché
spesso non collegati fra loro o poco connessi.
Più diventa esagerata la risposta fobica, più
si presenterà nel Cane un’anticipazione dello
stato emotivo disagevole.
Educatori e comportamentalisti, usano aggiungere a questo
punto del discorso una frase d’ordinanza: i Cani
mostrano in tale occasione ‘’forme ansiose
permanenti’’.
Quindi se ammettiamo che una fobia generalizzata possa
portare un Cane ad anticipare uno stato emozionale negativo,
ammettiamo anche che non è in grado di trasferire
i suoi problemi su altri personaggi perché non
riesce neanche ad affrontarli, e se non riesce ad affrontarli,
ancora meno riuscirà a catturarli e trasferirli;
viene da se che solo in presenza dei vari stimoli, il
disagio è presente, in assenza di essi, no. Da
ciò, come possiamo pensare che un Cane possa mettere
in pratica ‘’l’evitamento dell’evento
fobogeno’’ se solamente la presenza degli
stimoli reali e non trasposti, creano il problema con
conseguente anticipazione emozionale?... come fa un proprietario
a rinforzare l’evitamento quando il Cane non è
capace di produrlo? … che si parli forse dell’insegnamento
– al Cane – da parte del leader (Papà
o Mamma o Balia) ad ignorare il problema? … insegnare
cioè ad evitare per non avere ricadute di febbre,
e a non affrontare per curare la malattia? … a fuggire
anziché guarire? … tralasciando l’insegnamento
della codardia, dell’uomo o dell’Animale,
visto che di questo si tratta poiché è vero
che la fuga esiste in Natura davanti a pericoli che mettono
in evidenza l’incolumità dell’essere,
ma qui stiamo parlando di paure di: un temporale, una
scala, una persona, più persone ecc … non
di spunti di importanza vitale! … e comunque sia,
perché allora nel discorso non si parla direttamente
di insegnare al Cane che la tal cosa, la tal situazione,
la tal persona non costituiscono di fatto un problema
(cosa del tutto normale dato che stiamo parlando di insegnamenti
ad un Animaletto che sarà un eterno infante e senza
una guida superiore può non farcela a sopravvivere)?
… perché andare ad inventare squilibri psichici
propri delle nevrosi sapiens, per dire ‘’insegna
al tuo Cane ad affrontare i disagi della Vita, così
come avviene in Natura’’?
Oh!!! Ma… può essere che l’anticipazione
emozionale a cui probabilmente si fa riferimento non è
del Cane, bensì del proprietario del Cane che,
avendo delle conoscenze mentali diverse da quelle del
Cane, più evolute, più capaci, è
in grado di rinforzare l’evitamento dell’evento
fobogeno mostrando un atteggiamento benevolo (forse!)
nella situazione ‘’x’’, che indurrebbe
il Cane a pensare ‘’ ma guarda lui come se
la ride in questa situazione, lui si diverte mentre io
sto patendo le pene dell’inferno … oh ma forse
non devo aver paura?’’
Sempre tenendo a mente che ‘’l’evitamento
dell’evento fobogeno è un squilibrio comportamentale
non del Cane e di nessuna altra specie animale al di fuori
dell’Homo Sapiens Sapiens, perché non dire
semplicemente: il Cane ha un problema alla vista di ‘’…’’?
Ok, fagli capire che non deve aver paura, e che se vede
le cose da un lato più roseo, le cose non appariranno
più tanto grigie!
Tutto questo discorso se ho capito bene quello che il
Dottore proprietario della frase iniziale, voleva dire!
Come curare questo ipotetico stato nevrotico?
Se ragioniamo sul fatto, ormai accertato che ‘’la
trasposizione di un timore irrazionale’’,
riconosciuto in ‘’evitamento dell’evento
fobogeno’’ non fa parte della linea di pensiero
di un Cane, le cose da fare per curare tale disagio sono
quelle comuni, ossia, far abituare gradualmente la bestiola
al problema, usare dei rimarchi motivanti per aiutarsi
e arrivare con pazienza alla fine del lavoro. Nulla di
più nulla di meno di quel che il buon senso induce
a fare.
I Dottori del mestiere, anche nella spiegazione delle
usanze da tenere, amano usare una nomenclatura complicata
e accalappiante come: desensibilizzazione, contro-condizionamento,
immersione controllata, uso del tutor. In parole povere,
quello che è stato detto poc’anzi e il lavoro
che potete ammirare nella vicenda di Gastone.
Perché usare tanti paroloni allora? … non
saprei! … forse per far vedere che si è dottori
in materia. Credo fermamente che uno Shaun Ellis, dottore
in niente, sappia interagire con un soggetto da riabilitare,
ugualmente se non meglio, di tanti personaggi in cerca
di autore, non fosse altro perché parla la stessa
lingua del Cane.
Cosa evitare assolutamente per non aggravare o creare
un problema fobogeno?
La primissima cosa che viene sconsigliata da chi è
del mestiere, è quella di evitare accuratamente
l’anticipazione emozionale dell’evitamento
dell’evento fobogeno. TILT! Mettetevi d’accordo!
Ecco un esempio: mai raccogliere il Cane piccolo da terra
quando sta per essere aggredito, questo comportamento
è prevenuto sempre da uno stato d’ansia del
proprietario per cui l’effetto causato sul Cane
è di timore verso i con specifici, timore che con
il tempo può divenire fobico .
Bene, allora facciamoglielo mangiare il nostro piccoletto
al Cane che vuole aggredirlo, e chiediamogli pure se lo
vuole condito, cotto o se così com’è
può andar bene … almeno si aspetti di togliere
il guinzaglietto, possiamo poi servirlo come filo interdentale!
Battute a parte, possiamo anche trasmettere disagio al
piccolo, ma se agissimo altrimenti forse egli non vivrebbe
abbastanza per poter anche solo accennare il suo disagio!...
il problema è che manca il controllo sui Cani,
controllo inteso come disciplina, buona creanza, saper
stare al mondo, rispetto per il prossimo … si si
sto parlando di Cani, Cani che non hanno un indirizzo
se non quello di ‘’vedersela da soli’’
(ricordate l’articolo ‘’lasciateli litigare?’’),
per cui è normale, è più che dovuto
che il Cane piccolo venga raccolto da terra e tenuto fortemente
in protezione fra le braccia quando esiste la minaccia
di una zuffa (basta un morso o addirittura una zampata
per spegnere la scintilla della vita in un cagnino di
pochi chili). Il prendere in braccio è uguale al
prendere in bocca (ricordate il significato di ‘’in
bocca al Lupo’’?). Diamo in questo modo, tutta
la nostra protezione a rischio della nostra incolumità!
Ancora un esempio: mai cercare di rassicurare
il Cane che mostra uno stato fobico, con parole dolci
e carezze, perché questo porta sicuramente ad una
conferma dello stato di pericolo e ad un rinforzo del
comportamento sconveniente.
Rispondo: ‘’certo, le cure parentali sono
da definire fonte di squilibrio! … i Lupi in Natura,
vivono un ordine sociale squilibrato proprio perché
si attardano nelle cure di rinsaldo.’’
VIDEO
CURE PARENTALI
Ora la mia domanda è questa:
accertato che problematiche proprie della nostra specie,
non possono appartenere al mondo animale che è
posto sotto di noi per evoluzione biologica e di pensiero,
perché si continuano ad accoppiare patologie e
nevrosi ai nostri Amici Animali pur non appartenendogli?
Se una diagnosi non è esatta, la cura non può
essere diretta, se la cura non può essere diretta,
la guarigione non può avvenire.
Esistono varie tipologie di antibiotici che hanno funzioni
a volte similari, a volte lontane mille miglia; non possiamo
usare un antibiotico specifico per le infezioni della
bocca se dobbiamo curare, chessò, la dermatite!
… e non dobbiamo associare un colpo di tosse ad
una infiammazione della gola, quando può essere
dovuto ad un problema polmonare o ad una infezione delle
vie respiratorie; è vero che un colpo di tosse
è un colpo di tosse, ma la causa scatenante l’effetto
può essere diversa, e diversa deve essere la cura.
Così come non possiamo dire che il paziente è
affetto da sindrome di Cenerentola se quel paziente invece
mostra solo una versione similare di un comportamento
che ben si accosta alla sindrome individuata ma che poi
in realtà non è.
Il Cane non sa neanche dove sta di casa ‘’l’evitamento
dell’evento fobogeno’’ per non parlare
delle ‘’manifestazioni ansiogene’’;
come si può improntare uno studio sull’argomento,
con tanto di cavilli curativi e consigli tecnici che debbono
andare a risolvere il problema, quando il problema non
solo non è quello individuato, ma non è
neanche insito nella capacità mentale dell’essere
a cui si è diagnosticato?
Quando parliamo di Cani, quando parliamo con i Cani,
sarà solo la semplicità del dialogo a permettere
la linearità di intesa: pensa semplice e capirai
il tuo Cane.
(frase che appare per la prima volta, nel libro ‘’Negli
Occhi del Cane’’)