Premessa - affronto il discorso
riflettendo su esperienze vissute in trent’anni
di lavoro nel settore cinofilo ed esperienze di vita nel
sociale umano.
Inquietudini dell’io ed emissione relazionale
Forme carenti di cure dell’intimità familiare
e/o educative, non necessariamente dovute a circostanze
dipendenti dalla volontà o per superficialità,
ma semplicemente prodotte da contingenze inaspettate alle
quali non è facile trovare un’alternativa
o almeno non può essere subitanea la soluzione
per arrivare alla situazione idilliaca, possono portare
a pesanti turbamenti con conseguenziali comportamenti.
Successivamente ad una forma di accudimento e presenza
dei Genitori diversa dalla normalità, o in seguito
a condizioni di vita non ottimali, i Bambini oggi e/o
i Ragazzi e/o gli Adulti domani, possono spingersi verso
un quotidiano non privo di disagi psicologici. Azioni
e stati d’animo scaturite/i da pensieri che vogliono
placare dubbi e colmare deficit che li affliggono (affliggono
i Bambini, i Ragazzi, gli Adulti).
Tracciamone due esempi: - la Ricerca Affettiva
e il Bullismo
La Ricerca Affettiva: relazione non in equilibrio
dell’io con il legame affettivo, che rende l’individuo
insicuro. Causata da una mancanza assistenziale nel periodo
dell’attaccamento (voluta, dovuta, fortuita), può
acutizzarsi durante le fasi della crescita emotiva adolescenziale.
È la ricerca di quel che è mancato nell’intento
di voler/poter sanare il vuoto che si avverte. Il disagio
provato porta a delle forme quasi ossessive che inducono
il soggetto a cercare e cercare ancora, facendone quasi
un indirizzo di vita.
Nel Bambino possiamo riscontrare atteggiamenti di estraneazione
che possono identificarsi in una propria indagine interiore.
Una volta giunto nell’età in cui le spinte
psico-fisiologiche inducono invece a cercare ‘’nell’altro
o altra’’ la ‘’mancanza’’,
ecco che la spinta lo trasporta verso l’esterno,
e non sembra trovare pace fino a che non giunge al riequilibrio
dell’io.
Non parliamo di patologie emotive ma di disagi che spingono
gli individui a cercare al di fuori di loro stessi, per
colmare le carenze interne e arrivare ad una forma di
equilibrio.
Il Bullismo: squilibrio psico-emotivo deviante
del rispetto sociale, che induce l’individuo verso
condotte espressamente non in equilibrio con il contesto
della comunità, ricche di atti sottrattivi del
volere altrui (dominanti) ed escandescenze umorali attive.
Riti, gesti, posture di forza che parlano di quanto il
soggetto stesso abbia bisogno di qualcuno che gli dica
cosa fare. Riti, gesti, posture di forza che probabilmente
conosce nella normalità della sua Casa o dell’Ambiente
in cui vive, e da cui prende esempio (potrebbe essere
il vestire un’immagine rappresentativa di ‘’colui
che non subisce’’, vedendo forse l’altro
o gli altri componenti della Famiglia o dell’Ambiente
sociale esterno ad Essa, troppo sofferenti nel subire…
questo non vuol dire che provi piacere nel dominio ma
che lo veda come punto di forza per non star male, si).
Non parliamo di patologie comportamentali ma di disagi
che spingono gli individui a proteggersi per quietare
le insicurezze e raggiungere una forma di equilibrio.
(pag. 147 del libro ‘’A
TE – Educazione Naturale’’)
Disagi sociali -
Distacco - la paura della solitudine
se non si ha fiducia esperienziale; è la pena di
trovarsi soli, vivendo una condizione psicofisica difficile
e dolorosa che non trova ragione né nel proprio
essere, né negli altri.
Insicurezza - chi sei?... chi sono?...
chi e cosa c’è dietro l’angolo?...
Legittime domande che non trovano risposte.
Inespressività - nel timore di
non essere idoneo e fuori posto, l’individuo rinuncia
ad essere se stesso. (forma di immobilità).
- pag. 144 del libro ‘’A
TE – Educazione Naturale’’
Come le circostanze attentive cambiano la vita
Dipendenza affettiva. Tutte le persone
hanno bisogno di carezze per sentirsi viste e riconosciute
dall’altro, e solitamente vanno alla ricerca di
quelle unità di riconoscimento che sono familiari,
perché ciò che è conosciuto infonde
un senso di sicurezza. Tratto da: www.alfonsopluchinotta.it/carezza-non-e-una-parola
Una Carezza può parlare di affetto,
di tranquillità e di progetti futuri.
Colui che viene carezzato, sotto quell’atto di cura,
si rasserena e rafforza la fiducia in colui che compie
l’atto di ‘’accarezzare’’
Intorno al 1960 nacque la Pet-Therapy –
terapia della carezza, in seguito alla casuale
osservazione di una forma di benessere di alcune persone
che venivano in contatto con alcuni Animali, specialmente
nel momento in cui le persone carezzavano questi Animali
Pet – sostantivo anglosassone
usato per indicare un Animale domestico, specificando
‘’da affezione’’ (sinonimo di
attaccamento, simpatia, affettuosità, amore); nell’analisi
la parola, quando viene formulata per l’uso curativo,
si analizza intendendola non come sostantivo ma come rappresentativo
del verbo to pet, ossia: accarezzare.
Therapy – traduzione letterale
‘’terapia’’
Pet-Therapy, vuol dire quindi ‘’terapia
della carezza’’, nella quale l’Animale
che da secoli ci accompagna nella nostra vita, dando tutto
di se stesso, si presta anche al sostegno extra-familiare,
risolvendo il significato letterale della coppia di parole
in: Animale da terapia.
Per terapia con gli Animali normalmente si intende, un
andamento di supporto, poiché gli Animali possiedono
quelle caratteristiche motivanti cariche di forza generante
e allo stesso tempo rilassante, adatta all’estraneazione
dal problema e conseguente superamento dello stesso anche
se solo in maniera momentanea. (pag. 22 del libro ‘’A
TE – Educazione Naturale’’)
Questa ‘’terapia’’ ci mostra
come da una carezza può nascere un senso di tranquillità
che, se vissuta fin dai primi momenti di vita, insegna
l’importanza della relazione, della considerazione,
della necessità sociale.
Tale ‘’terapia’’ non è
che l’indice di un libro su cui si basa l’unione
fra gli esseri viventi.
Analizziamo l’importanza di una carezza
e il suo significato, nell’ambito dell’inquietudine
dell’io
Senza dover arrivare a pensare a disagi vissuti durante
il primo periodo di vita o in seguito, durante la crescita,
la ricerca della carezza (seppur dapprima
temuta per insicurezza verso la ‘’persona’’
che si accinge a prestarla), e l’accettazione
della carezza, sono chiari segnali di disponibilità
sociale.
Curare forme di insicurezza sociali attraverso questo
delicatissimo leggero tocco, è di notevole importanza,
poiché esso riporta ai primi istanti di vita, alle
prime carezza della Mamma, alle prime cure ricevute in
un ambito di meravigliosa serenità.
Ma attenzione a non superare la soglia di ‘’godimento’’,
il limite oltre il quale la carezza può trasformarsi
in droga relazionale, ossia, quel ‘’magico’’
qualcosa senza il quale non si trova tranquillità,
non ci si sente appagati, oppure, quel ‘’magico’’
qualcosa per cui ci si ritiene obbligati in un comportamento
da dover assolutamente attuare come se fosse un compito
da eseguire (farsi carezzare) o un vero e proprio ‘’lavoro’’,
o infine, la fonte di vita.
Non mancando di considerare fra le droghe: ‘’il
farsi carezzare’’ come un modo (se non l’unico
modo) per farsi accettare, per poter interagire / colloquiare
con l’Altro.
La carezza
Una carezza è un bacio, è un respiro profondo
che collega una Mamma ad un Figlio.
La carezza è padrona di nobili intendimenti, di
inaspettati sentimenti che suggellano patti sociali.
La carezza non è una semplice parola, ma il destarsi
di ciò che di più profondo celiamo nel nostro
cuore. È l’uscita allo scoperto, di quel
che siamo.
Il Bambino, nella sua purezza e il Cane nella sua semplicità,
mediante la carezza avviano una conoscenza che avrà
vita nella sincerità.
La carezza nasce nel momento in cui il Bambino viene
al mondo. La Mamma, accogliendolo fra le sue braccia,
non può fare a meno di passare le sua mano su quella
Creatura che ha un legame indissolubile con lei.
Quei delicati passaggi su tutto il corpo del Figlio,
dicono lui: ‘’sono qui... mi riconosci?...
abbiamo trascorso nove mesi insieme parlando, dormendo,
mangiando; eravamo sempre insieme ma qualcosa ci impediva
di completarci…ora quel velo non c’è
più, ed eccoci finalmente uno stretto all’altra,
liberi di sentire le parole dei nostri cuori attraverso
‘’questo magico tocco’’
La carezza nasce nel momento in cui il Cucciolo viene
al mondo. La Mamma, dopo aver inciso il sacchetto che
lo avvolge, pulisce e scalda la sua Creatura, leccandola.
Sotto quei baci, a contatto con la calda e morbida lingua
di Mamma, il Cucciolo saluta la vita.
La lingua della Mamma, è uguale alla nostra mano
che assiste e carezza; gli Animali che non hanno le mani
come noi, non posseggono altro sistema per compiere un’azione
similare, e infatti in moltissimi atteggiamenti, riconosciamo
la similarità dei due comportamenti.
Questo tipo di assistenza fra le Mamme e i loro Figli,
permette una crescita in equilibrio
Si dice: la carezza è il modo più semplice
e sincero per fare conoscenza.
La carezza permette di entrare in contatto e di fare
conoscenza, nel rispetto l’uno dell’altro.
L’insegnamento che ne scaturisce, è una forma
educativa espressiva nel personale e nel collettivo, che
mette alla prova la socialità degli individui,
protagonisti dell’atto; li educa e li promuove alla
vita.
(pag. 195, 196 del libro ‘’A
TE – Educazione Naturale’’
N.B.
Nella bellezza di questo atto, bisogna stare attenti a
non permettere la sottomissione alla carezza
(intesa come dipendenza), poiché può scatenare
nel ‘’carezzato’’, una disposizione
comunicativa sociale a senso unico, ossia la sola forma
di espressività per poter interagire, avere rapporti,
superare avversità psicologiche nell’ambito
del sociale.
Da qui a ‘’la dipendenza sociale’’
e a ‘’la dipendenza affettiva’’
il passo è breve.
Imparare a supportare le proprie insicurezze o a
colmare le proprie inefficienze mediante un atto o la
presenza di un individuo o le azioni di un individuo,
conduce alla dipendenza sociale o alla dipendenza affettiva.
Dipendenze che, per uscirne, necessitano di un’entrata
in scena di un terzo individuo (inteso anche come una
presa di coscienza) che spinga, solleciti, induca nel
tempo dovuto il distacco dalla ‘’relazione
infettante’’, favorendo in tal modo il decondizionamento
e la crescita o ricrescita del Soggetto in analisi.
Mai sottovalutare la potenza positiva e la potenza
negativa della carezza. – Berne.
Reazioni sottomessive e reazioni impositive possono essere
espressioni dello stesso disagio.
La variazione espressiva è data dalla specificità
del Soggetto.
Nella psichiatria umana, in queste forme di dipendenza
vengono riconosciuti i due estremi accomunati dal bisogno
della considerazione.
Si parla di assoggettamento in entrambi i casi, specificando
la forma passiva in uno e la forma attiva nell’altro.
‘’Accettare qualunque cosa pur di avere
considerazione’’.
‘’Aver bisogno di richieste di considerazioni
e approfittarsi di tali richieste (senza le quali
però, il Soggetto può cadere nell’altro
ambito o colmare la carenza rivolgendo atti positivi e/o
impositivi sul proprio essere).
Riassumendo i discorsi:
- che la richiesta o bisogno di un atto affettivo, si
generi in un Individuo che nell’atto trova le sicurezze
di quando era piccolo, o si generi nell’Individuo
a cui tali intimità sono mancate, non fa molta
differenza ai fini della riflessione, ma ne fa l’accorgimento
‘’curativo’’ che in ogni caso
deve essere intrapreso per aiutare ad uscire da una destabilità
sociale, sia questa sottomessiva o dominante.
Attenzione a non interpretare il tutto come ''problematiche
patologiche'', perché non stiamo parlando
di patologie bensì di disagi che sono anche importanti
ma non sono ‘’Fisiologici’’-
In ambito cinofilo, vorrei prestaste
molta attenzione alla modalità educativa in ambito
sociale. La famosa linea della ''socializzazione'' promossa
da molti, spinge verso un qualcosa che potrebbe incentivare
una dipendenza affettiva/sociale. Purtroppo nei vari ragionamenti
esclusivamente antropocentrici, tale disagio non viene
visto e neanche accettato da coloro che sposano la metologia,
per cui, non mi resta che chiedere ''per favore'' di cercare
di guardare le cose con occhi meno ''umani''.
In ambito umano, non mi permetto di
dire null'altro, ma chiedo di pensare a tutte quelle forme
comportamentali di alcune persone (giovani o meno) che
assumono certi atteggiamenti e si comportano in un certo
modo per farsi accettare, per combattere le insicurezze,
per sentirsi importanti.