Riflessioni supportate dal libro di Konrad
Lorenz - ''Vorrei essere un'Oca''
- leggere attentamente l'immagine posta nella parte finale
dell'art. da ‘’La scoperta …’’
L’escandescenza - crisi
comportamentali fortemente nervose, stati d’animo
eccessivi, spesso vengono attribuiti ad un’instabilità
psichica. In alcuni casi, le alterazioni mentali sono date
da patologie neurologiche, ma nella norma, così non
è. Esse infatti non sono altro che atteggiamenti
eccedenti dovuti ad una mancante o scarsa educazione relazionale
o insicurezza personale. Il mancato controllo delle emozioni
che fuoriescono in determinate circostanze per urlare il
disagio che vive in quel momento l’Individuo immerso
nella disagiante situazione, si mostrano in un processo
gradualmente evoluto, ossia a seconda
di chi è e com’è l’Animale attore.
Sopraffatto dall’eccitazione nervosa Egli manifesta
il suo ‘’fastidio’’ in una forma
non proprio sociale. Frequentemente queste manifestazioni
sono lo specchio di una sua debolezza caratteriale dovuta
dall’età e/o da una mancata o errata assistenza.
Un atteggiamento non equilibrato (un problema) non va ignorato,
va affrontato. È importante dare l’aiuto dovuto
e darlo con calma e determinazione, poiché nell’aiuto,
l’Individuo, può/deve trovare/trova la certezza
che quel disagio si può superare, oppure, che l’atteggiamento
non è idoneo alla circostanza (è esagerato).
... La modalità per aiutare ad affrontare la crisi
di nervi è data dalla modalità stessa in cui
viene espresso il comportamento dell’Attore: se quest’ultimo
è spaventato, la Guida/Mentore dovrà essere,
oltre che calma/calmo, rassicurante; non dovrà però
compatire il disagio, altrimenti potrebbe commutare, il
comportamento, in conferma della ragione per cui esso è
stata assunto. Se l’Attore, nel suo nervosismo, sarà
anche prepotente e violento, dovrà essere riperso
e condotto/guidato/assistito con determinazione.
L’importante è non perdere mai la calma; l’ira
è un segno di debolezza!
- Le situazioni evolvono e le esperienze insegnano
(una sacrosanta verità) - la risposta diversa
da quella che si è abituati a ricevere allorquando
si formula una certa domanda, potrebbe scatenare una qualche
ostilità, sintomo di disagio interiore; l’intensità
del turbamento sarà carica, o meno, a seconda dell’intensità
dello stimolo ricevuto, e sarà il campanello di allarme
che evidenzia come, in fase di apprendimento, una non adeguata
assistenza (soprattutto in un contesto troppo forte per
chi è sotto esame) porti ad un’assenza di iniziativa
o ad un’improvvisazione che non sempre indirizza verso
la giusta scelta.
Le diversità, le vicissitudini che mutano la quotidianità,
servono, ma possono causare disagi.
La Guida … chi è o cos’è
la Guida? – un conspecifico, un extraspecifico,
un fattore materiale, un’essenza … con certezza
non si può dire chi, non si può darle una
singola identità, poiché oggi la si riconosce
in un ‘’qualcosa’’ e domani, forse,
nello stesso ‘’qualcosa’’ o in ‘’altro’’.
Molto dipende da chi è l’Attore (Specie e realtà
relative alla sua Realtà Ambientale)
La riflessione di Lorenz
e del suo amico Hellmann, nata durante i loro studi,
ci racconta l’episodio dove ‘’l’Attore’’
è un Pesce, presentandoci la sua reazione di fronte
ad un conspecifico e poi di fronte ad uno specchio .
… a tal proposito approfitto per riportare una deduzione
di ‘’odierni studiosi’’ e la loro
diversa valutazione, precisando prima, alcuni dettagli
in merito all’oggetto ‘’specchio’’’
Imparare a guardarsi - dentro e fuori
(Appunti
dal libro ‘’A TE…’’
– Barbara Tullio, Paolo Caldora –
pag. 83)
- Lo specchio
- Lo specchio è un oggetto che in molti hanno
temuto e molti altri ancora temono.
- Lo specchio dà la possibilità all’individuo
di trovare conferme alle gioie e alle paure, e nel caso
delle paure, se l’individuo non ha il coraggio di
affrontarle, difficilmente si avvicinerà più
ad uno specchio.
- Se proprio non può fare a meno di specchiarsi,
sfrutta la cosa per apporre all’immagine riflessa,
dei cambiamenti che la facciano apparire come vorrebbe che
fosse, non pensando che lo specchio di se stessi, è
mostrato dai propri occhi e dal modo di muoversi.
- Le parole possono essere ingannatrici; l’intonazione
espressiva può mutare seguendo una buona scuola di
recitazione (ricordiamoci della naturale disposizione che
abbiamo da Bambini, quando copiamo tutto quello che riusciamo
a copiare da chi ammiriamo), ma gli occhi, per quanto truccati,
cambiando colorazione mettono a nudo le nostre emozioni.
Molti etologi hanno attribuito agli atteggiamenti che
un Animale assume di fronte ad uno specchio, inizialmente
come confusi (plausibilmente concepibile), e in seguito,
osservativi.
La prova dell’immagine di se stesso nello
specchio è una prova ai quali moltissimi danno un’interpretazione
errata.
Re fra le cavie, è lo Scimpanzé!
La sua reazione è dapprima identica a quella di quando
si trova davanti ad un altro Scimpanzé, e cerca perciò,
di interagire con lui con degli inviti o con delle ostilità.
Poi non ottenendo che una risposta identica alla sua domanda,
inizia un approccio tattile e, successivamente, solo osservativo.
I dottori sono arrivati alla conclusione che lo Scimpanzé
piano piano comincia a capire che l’immagine riflessa
non è un altro individuo ma è lui –
consapevolezza del sé.
Non ho mai studiato gli Scimpanzé, per cui le
mie riflessioni sono solo il frutto di un personale ragionamento.
- Immagino che, i dottori, abbiano trovato la conferma di
quanto asseriscono, mossi da quella particolarissima attrattiva
e interazione che i soggetti esaminati nutrono per quello
che vedono.
Mi spiego:
- lo Scimpanzé, durante la conoscenza dello specchio,
o forse è meglio dire ‘’dell’altro’’,
passate le fasi invitanti e/o ostili accennate poco fa,
per capire chi o cosa ci sia davanti a lui, assume un atteggiamento
più sereno.
Dapprincipio prova a toccare ‘’l’altro’’
allungando in avanti una mano, ma quel che riceve in risposta
è solo un impedimento ad oltrepassare un ‘’muro
invisibile’’. Desistendo dal comunicare in questo
modo, guardando sempre l’immagine che ha davanti,
si accorge che mentre si tocca (un braccio o la testa o
altro, non fa differenza) anche l’altro si adopera
in tal modo. Con il passare dei ‘’minuti’’,
ponendo più attenzione ancora a ‘’l’altro’’
mentre si sta toccando, si accorge che dagli atti che ‘’l’altro’’
opera sul proprio corpo (che di fatto sono quelli che lui
stesso opera sul suo), sensorialmente oltre che visibilmente
percepisce delle sensazioni.
Più il tempo passa, più ‘’i Due’’
si legano. E il legame diventa sempre più forte fino
ad arrivare … non lo so! …
Stupidamente mi viene da pensare ai Cuccioli di Lupo
o di Cane quando iniziano il loro percorso verso la consapevolezza
del dolore (in questo caso ‘’piacere’’)
- Il Cucciolo che mordicchia la zampina del Fratello e sente
il Fratello lamentarsi alla pressione, della quale pressione,
colui che mordicchia, non capisce il significato fino a
quando non sarà il Fratello morso, ad esercitare
la stessa pressione sulla sua zampina – sulla zampina
di quello che ha dato il primo morsetto -. Modalità
casuale che permette agli Animali l’indirizzo verso
la conoscenza: esperienza = crescita.
Se così fosse, lo Scimpanzé starebbe
assimilando un concetto molto meno evoluto rispetto alla
consapevolezza del sé, e cioè che il gesto
che vede riflesso, ha similarità con quello che gli
procura una sensazione piacevole (in questo caso) ed è
quindi propenso a credere di più, che nel momento
in cui lo vede praticare, riceve (lui) quella certa sensazione,
o comunque, se non la riceve, quanto meno ne rimane gradevolmente
colpito.
Ma tutto questo non c’entra molto con il capire
che lo specchio riflette se stesso.
Sinceramente non riesco a ritenere possibile che dal legame
di cui prima, quella forma ‘’simbiotica’’
che si è creata, lo Scimpanzé possa dedurre
che ‘’l’altro’’ non è
altro che se stesso … oppure se riesce a capirlo dalle
associazione dei movimenti, propri e de ‘’l’altro’’,
uguali in ogni finitura … tutto può essere,
ma mi sembra molto strano, perché stiamo parlando
di una forma di astrazione del sé (Lacan).
Uscendo dall’argomento ‘’Scimpanzé’’,
torniamo a noi.
Lo stesso fenomeno osservativo, lo si vuole attribuire anche
ad Animali meno evoluti, come il Cane.
''Facendo affidamento alle osservazioni nelle quali
giornalmente mi trovo coinvolta, mi sento
di poter dire con certezza che non credo
che un Cane possa mai arrivare ad avere coscienza del sé
vedendo la ‘’sua’’ immagine riflessa
in uno specchio.…’’
Un Pesce irascibile e un tantino asociale,
e lo specchio … azioni reazioni conclusioni.
A conferma di questo arriva un aiuto il Padre dell’Etologia
e il suo Compagno di studi, dei quali oggi prendiamo lo
stralcio di un loro studio riportato nel prezioso compendio
da cui l’ho tratto.
- Non possiamo sapere perché l’Attore osservato
sia così maledettamente violento, ma possiamo capire
attraverso il mero giudizio osservativo, cosa ha generato
il suo cambiamento. … ‘’durante le
sue relazioni sociali, Egli ha sempre tenuto atteggiamenti
molto aggressivi, la risposta ricevuta a tali atteggiamenti
ha permesso che essi acquistassero valore; in realtà,
il Pesce, ha immagazzinato una soluzione ch gli permettesse
di ‘’uscire indenne dalla situazione che gli
provocava un forte disagio. Il Pesce, una volta ricevuta
una risposta uguale e contraria (e tornita da quella che
io definisfìco una marcia in più, ossia fornita
di un atteggiamento più determinato poichè
privo di emozioni destabilizzanti), ecco che piano piano
si placa, acquista ‘’riflettendo’’
una tecnica comunicativa che possa dar lui la soluzione
per evitare ‘’lo scontro’’. …
dagli atteggiamenti che lui stesso pone in attivo ma dei
quali non è conoscente che gli appartengono, impara
a discernere e gode di quelle diverse posture che umanamente
potremmo chiamare ‘’gentilezze’’.
Nel momento in cui, dopo aver imparato ‘’la
lezione’’ incontra un reale secondo Pesce, per
di più femmina, ecco che lo vediamo capace perfino
di corteggiarla.
Da questo semplicissimo ragionamento, viene fuori la veridicità
delle eresie antropocentriche sugli atteggiamenti di Animali
diversi dall’uomo, e la bellezza della comunicazione
completa di lati negativi e lati positivi.
Su quello che sono i nostri studi, in molti possono pure
non essere d’accordo, ma li sfido a sbugiardare Loernz
e Hellmann.