Frasi d’uso corrente ci riempiono la testa di ‘luoghi
comuni’. Mi piacerebbe analizzarne qualcuna per capire
da quale matrice nascono. Prenderemo poche parole qua e
là: da una rivista cinofila qualunque, da un consiglio
di un conoscente, da un opuscolo raccolto chissà
dove, da una sentenza di un tecnico del settore.
“…non bisogna scegliere un cane perché
ci piace dal punto di vista estetico, perché le razze
non esistono…l’uomo ha fatto tanto per sottomettere
il razzismo fra la sua specie e altrettanto bisogna fare
con il cane…”
Amo tutti i cani, è la premessa della mia risposta.
Sono concorde che tutti i cani e indistintamente gli esseri
viventi debbano essere amati e rispettati e che l’apparenza
non è fonte di bellezza interiore ma è pur
vero che il nostro aspetto dà una linea sommaria
di come siamo dentro, per questo motivo non ritengo giusta
o quantomeno non corretta, la dicitura: non scegliere dal
punto di vista estetico.
Il cane ha una storia alle sue spalle, il lavoro con l’uomo,
ha portato nel tempo, il cambiamento nel suo aspetto e nel
suo carattere a seconda del compito richiestogli di svolgere.
Ciò è avvenuto anche nell’essere umano:
gli abitanti della città hanno una resistenza fisica
agli sforzi e alle malattie, minore degli abitanti della
campagna; ricercherei la causa nei riscaldamenti e nei condizionatori,
nel contatto stretto negli uffici, nello smog, ecc., cose
che hanno indebolito il cittadino; nella vita all’aria
aperta, questo non può accadere, lontano dal traffico
e dallo stress psicologico, dagli sbalzi di temperatura
e dalla contaminazione dei luoghi chiusi insufficientemente
arieggiati, coloro che vivono a contatto con la natura sono
più resistenti, probabilmente perché meno
contaminati. Anche nell’aspetto esteriore vi sono
delle differenze, la carnagione e la delicatezza della pelle,
ad esempio, han la loro differenza: liscia, delicata e chiara
nei primi, resistente, un po’segnata e più
scura nei secondi. Per non parlare delle predisposizioni
lavorative nei settori specifici: non ce lo vedo un tecnico
del computer o un ragioniere o un architetto, lavorare dieci/dodici
ore filate su un trattore o ad accudire il bestiame, così
come non vedo un contadino o un mandriano costretto in un
abito completo di cravatta e doppio petto sei/otto ore in
un ufficio. Non che le possibilità intellettive degli
uni o degli altri siano carenti o maggiori nei confronti
degli o degli altri, semplicemente sono diverse, la loro
evoluzione caratteriale e fisica non ha vissuto le stesse
esperienze, per cui la loro crescita è stata diversa;
la cosa importante è che gli uni senza gli altri
non permetterebbero il progresso.
E così parlando potremo arrivare anche a particolarità
ancora differenti, forse collettivamente più generiche,
ma comunque derivanti dallo stesso discorso: le popolazioni
del nord presentano un aspetto esteriore e una colorazione
della pelle, rituali di vita e capacità fisiche,
completamente diverse dalle popolazioni del sud, da qui
le attitudini e i bisogni lavorativi. L’essere umano
è diverso anche da Stato a Stato.
Tante piccole cose distinguono un individuo da un altro,
un popolo da un altro una nazione da un’altra, senza
per questo dover esaltare una o l’altra popolazione
o al contrario denigrarla. Ogni soggetto rispettoso dell’ambiente
e del prossimo, è importante e insostituibile. Perché
con il cane deve essere diverso?
L’uomo ha selezionato alcune caratteristiche fisiche
e psiche di tot. individui per agevolare la vita lavorativa
e non, di quegli stessi individui, nell’ambiente in
cui sono stati selezionati, che la maggior parte delle volte
è il luogo natio: il cane da slitta, ragione di vita
di alcuni popoli dei paesi freddi, si è visto fortificare
da quegli stessi popoli, per una miglior collaborazione
e facilitazione dell’esistenza in posti tanto poco
ospitali. Non che tutto debba avere uno scopo lavorativo
o, peggio, di servilismo, però la visione può
essere anche: un sano concetto di collaborazione nel branco,
concetto ormai accantonato nel dimenticatoio da moltissime
persone.
Tornando all’inizio del discorso: perchè dunque,
tanto astio verso le particolarità che diversificano
gli individui?
Sinceramente la trovo una cosa ingiusta e anti-democratica.
E in più penso che, se l’aspetto esteriore
e la storia di una razza, può darmi alcuni indizi
per ciò che posso trovare all’interno di quel
soggetto, beh, ben vengano le razze!...
Riflettendo bene, un pensiero si affaccia alla mia mente:
codesti cultori dell’uguaglianza, anziché convinti
sostenitori del rispetto per le cose del Creato sono, forse,
personaggi che hanno paura di affrontare le diversità,
sono delle povere creature insicure, prive di auto-stima.
Questi individui e tutti coloro che speculano riguardo sugli
esseri viventi, stanno allo stesso livello; sono la piaga
dell’ineducazione e dell’ignoranza, dell’instabilità,
della costrizione a rimanere sottomessi alla volontà
(di qualcun altro) e alla falsità. Si rifugiano nel
pietismo nei confronti del povero indifeso, per pura auto-commiserazione,
cercano un esserino, che non possa ribellarsi al loro veto,
perché non riescono ad emergere.
È il senso di inferiorità che vi opprime,
che vi porta a pensare e dire certe stupidaggini.
Se così non fosse, accettereste la diversità
nelle specie animali e la differenza individuale.